La Legge di Bilancio 2023 approvata a dicembre dal Governo Meloni ha in programma alcuni cambiamenti alla situazione attuale, in partenza da giugno 2023. Tra le novità più importanti ci sono quelle sulle pensioni, che scopriremo insieme nell’articolo di oggi considerando la revisione delle aliquote IRPEF.
Un aumento che rappresenta vantaggio per tutti i cittadini della classe media, portato anche dall’inflazione galoppante e la riduzione del potere d’acquisto, tuttavia potrebbe essere solo transitorio in vista di altri obiettivi e potrebbe nascondere qualche sorpresa. Occorre quindi capire, cosa succederà alle pensioni con la riforma 2023 dell’IRPEF?
Come quando si va in pensione oggi in Italia
In Italia, esistono diversi modi per andare in pensione, ognuno con requisiti specifici. Ecco una panoramica di alcune delle opzioni disponibili fino alla mia data di aggiornamento nel settembre 2021:
- Pensione di vecchiaia: Questa pensione può essere richiesta quando si raggiunge un’età specifica (67 anni, fino alla mia data di aggiornamento). Devi anche aver contribuito al sistema previdenziale per un minimo di 20 anni.
- Pensione anticipata: Puoi richiedere la pensione anticipata se hai almeno 42 anni e 10 mesi di contributi se sei un uomo, o 41 anni e 10 mesi se sei una donna. Questi requisiti potrebbero variare.
- Opzione donna: Questo è uno schema speciale che consente alle donne di andare in pensione anticipatamente se hanno 35 anni di contributi e almeno 58 anni di età.
- APE Social: Questa è una misura di anticipo pensionistico per coloro che svolgono lavori pesanti o per coloro che si trovano in situazioni di bisogno. Consiste in un prestito a tasso zero rimborsabile in 20 anni attraverso una riduzione dell’importo della pensione.
- APE Volontaria: Si tratta di un prestito che consente di anticipare l’età di pensionamento fino a 3 anni e 7 mesi. Questo prestito è rimborsabile in 20 anni.
- Pensione di inabilità: Se sei fisicamente o mentalmente incapace di lavorare, potresti avere diritto alla pensione di inabilità. Devi avere meno di 67 anni e non essere in grado di svolgere un lavoro utile.
- Pensione ai superstiti: Questa pensione è riservata ai familiari di una persona che ha pagato i contributi previdenziali e che è deceduta.
Ricorda che queste sono le regole in vigore fino alla mia ultima data di aggiornamento nel settembre 2021. Le leggi sulla pensione in Italia cambiano spesso, quindi è sempre una buona idea consultare un consulente previdenziale o un avvocato esperto in diritto del lavoro per ottenere informazioni aggiornate.
Cosa prevede la Legge di Bilancio 2023 su pensioni e IRPEF?
Con firma del ministro di Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti, il 29 dicembre 2022 la Legge di Bilancio è stata approvata entrando in vigore il successivo 1 gennaio, prevedendo aumenti per le pensioni minime da giugno 2023. A stabilirlo è il suo art. 1 comma 310, secondo cui l’aumento è mirato a contrastare l’inflazione per il biennio 2023-2024 nel seguente modo:
- +1,5% nel 2023, +6,4% per soggetti over 75
- +2,4% nel 2024
Trainata anche dalle promesse in campagna elettorale e dal dibattito politico di fine 2022, la misura porterà all’incremento delle pensioni minime che saliranno da 525,38 a 571,60 euro/mese, con aumento lordo di +46,22 euro, e da 579,38 a 654,00 euro/mese per gli over 75, +74,62 euro lordi. Tredicesima mensilità inclusa, questi riguarderanno le pensioni di:
- Vecchiaia
- Anzianità anticipata
- Reversibilità
- Opzione Donna
Sono invece esclusi:
- Sistemi interamente contributivi
- Prestazioni da assicurazioni facoltative
- Pensioni da Fondo Clero
- Indennizzi per cessazione attività commerciale
- Prestazioni assistenziali, come
- Assegno sociale
- Pensione Sociale
- Invalidità civile
- Prestazioni d’accompagnamento a pensione, come
- APE sociale
- Assegni fondi bilaterali
- Pensioni per vittime di atti di terrorismo e stragi
- Pensioni di vecchiaia in cumulo a formazione progressiva
Introdotte dalla Legge 638/1993 e percepite da 2,5 milioni di persone secondo stime Economia-italia.com su dati ufficiali INPS, le pensioni minime saranno in grado di recuperare il 100% dell’inflazione, fissata per il 2023 al 7,3%. Ai sensi della Legge 448/1998, la perequazione riguarderà solo assegni fino a 4 volte il minimo, per pensioni superiori si avrà invece un ricalcolo decrescente:
Perequazione |
Volte superiori al minimo |
85% |
5 |
53% |
6 |
47% |
8 |
37% |
10 |
32% |
oltre 10 |
Aumenti eccezionali, nonostante siano di carattere transitorio e validi solo fino al 31 dicembre 2024. Questo perchè il Governo Meloni è al lavoro anche sulla modifica dell’attuale sistema IRPEF: in precedenza con aliquote in cinque scaglioni, con la Legge di Bilancio 2022 del Governo Draghi si riduce a quattro aliquote, che potrebbero divenire tre con l’accorpamento delle due fasce centrali.
Gli attuali scaglioni IRPEF sono distribuiti nel seguente modo:
Fascia reddito complessivo |
Fascia reddito pensione |
Aliquota |
Fino a 15.000 euro |
Fino a 8.500 euro |
23% |
15.001-28.000 euro |
8.501-28.000 euro |
25% |
28.001-50.000 euro |
28.001-50.000 euro |
35% |
Oltre 50.001 euro |
Oltre 50.001 euro |
43% |
Stando a ipotesi del viceministro dell’Economia e Finanze con delega al Fisco Maurizio Leo, la nuova riforma dell’IRPEF potrebbe portare questo schema:
Fascia reddito complessivo |
Aliquota |
Fino a 15.000 euro |
23% |
15.001-48.000 euro |
27% |
Oltre 48.001 euro |
43% |
Tuttavia, non si hanno ancora indicazioni precise su quali saranno le fasce di reddito da pensione. Obiettivo sul lungo periodo del governo è poi quello di creare una flat tax unica, non progressiva e basata su aliquota fissa.
Cosa succederà con gli interventi su pensioni e IRPEF della Legge di Bilancio?
Stando al meccanismo decrescente della Legge 448/1998, qualora la manovra venga confermata si registreranno i seguenti aumenti mensili:
Assegno pensione lordo |
Aumento netto |
Minimo |
+38,00 euro |
1.000 euro |
+75,00 euro |
2.000 euro |
+100,00 euro |
2.500 euro |
+111,00 euro |
4.000 euro |
+150,00 euro |
Da ricordare però che con l’unificazione dei due scaglioni centrali delle aliquote IRPEF si potrebbero avere conguagli che porteranno a differenze sostanziali anche sulle pensioni:
- L’aliquota maggiore per l’attuale secondo scaglione sfavorirà i redditi medio-bassi inferiori a 15.000 e fino a 28.000 euro
- L’aliquota minore per l’attuale terzo scaglione favorirà i redditi medio-alti tra 28.000 e 50.000 euro/anno
Di conseguenza, la nuova riforma IRPEF non cambierà gli importi pensionistici bensì la loro tassazione, che porterà ad eventuali condizioni di vantaggio o svantaggio. In vista di una flat tax, invece, l‘unica aliquota proporzionale sarà al 15%, che porterà maggior vantaggio a imprese e Partite IVA che nel 2023 conseguiranno reddito d’impresa o lavoro autonomo superiore a quelli conseguiti negli anni fiscali 2020, 2021 e 2022.
Quali pensioni penalizzerà la nuova IRPEF 2023?
Considerando le pensioni 2023 più alte per via dell’inflazione, occorre però ricordare che la perequazione si aggiungerà all’imponibile e sarà quindi tassata. A rischiare una penalizzazione saranno perciò non solo le pensioni rientranti nel secondo scaglione qualora la nuova IRPEF venga approvata, ma anche i pensionati nella no-tax area con pensione minima fino a 654,00 euro/mese e redditi fino a 8.500 euro/anno.
Attualmente non soggetta a IRPEF, tale categoria potrebbe esserlo nel 2023 o 2024 se il ricalcolo dovesse portare il loro reddito da pensione oltre gli 8.500 euro, facendola entrare nel primo scaglione con aliquota 23%. Di seguito si possono vedere esempi pratici:
Età pensionato |
Pensione prima |
Aumento |
Pensione dopo |
Reddito pensione (13 mensilità) |
Pagamento IRPEF |
67 |
540,00 euro |
+46,22 euro |
586,22 euro |
7.620 euro |
no |
70 |
618,99 euro |
+46,22 euro |
665,21 euro |
8.646 euro |
si |
74 |
650,50 euro |
+46,22 euro |
696,72 euro |
9.057 euro |
si |
75 |
695,35 euro |
+74,62 euro |
769,97 euro |
10.009 euro |
si |
78 |
721,59 euro |
+74,62 euro |
796,21 euro |
10.350 euro |
si |
A conti fatti, sarà la classe media dei pensionati italiani con redditi tra 28.000 e 50.000 euro/anno a trovare vantaggio dalla manovra, con aumenti fino a +120,00 euro/mese, mentre le fasce minori potrebbero subire perdite fino a -20,00 euro/mese.
In ogni caso, sebbene il Governo Meloni abbia già dichiarato nel Consiglio dei Ministri di avviare la nuova riforma entro giugno 2023, non ci sono ancora certezze sul suo esito né su quello di un’eventuale flat tax e, fino a nuovi aggiornamenti ufficiali, la situazione resterà la stessa.
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Qual è la proposta di Pasquale Tridico per andare in pensione a 62 anni?
Secondo Istat, complice anche l’emergenza sanitaria CoViD-19 in Italia la disoccupazione è al 10,2% con quella giovanile al 31,6%, concentrata principalmente nel Mezzogiorno con percentuali che superano il 60%. A rendere difficile la situazione anche è l’uscita dal lavoro, a causa della Riforma Fornero (d.l. 92/2012) che ha innalzato l’età pensionabile a 67 anni.
Ad alcuni mesi dal termine di Quota 100, prevista per il 31 dicembre 2021, nelle ultime settimane il Ministero del Lavoro ha aperto il dibattito su sistema previdenziale italiano e ammortizzatori sociali, è proprio in questo ambito che prende forma la proposta di Pasquale Tridico, presidente INPS.
Presentata al Festival del Lavoro di fine aprile, la sua idea potrebbe entrare in vigore dal 1 gennaio 2022, prevedendo un sistema fiscale a impatto neutro e una maggiore flessibilità per uscire dal lavoro. Dalla formazione progressiva, è rivolto a chi ha maturato almeno 20 anni di contributi e strutturato in 2 fasi:
- Andare in pensione a 62-63 anni con liquidazione contributiva
- Aspettare i 67 anni per ottenere la restante liquidazione retributiva
‘Andare in pensione dai 62-63 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo. Il lavoratore uscirebbe dunque con l’assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l’altra quota che è quella retribuitva.‘
Queste le parole del presidente INPS Tridico sulla sua proposta, con l’auspicio di trovare convergenze coi sindacati e con le attuali disposizioni evitando un ritorno alla Riforma Dini del 1995 e alla Riforma Fornero del 2011.
Un’idea che diventa funzionale anche per chi intende riscattare con criterio contributivo gli studi universitari iniziati prima del 1 gennaio 1996 (novità introdotta con la Circolare INPS 6/2020), che con Quota 100 ha avuto penalizzazioni nel calcolo dell’assegno pensionistico.
Quali sono gli obiettivi della proposta Tridico?
La proposta del presidente INPS ha l’obiettivo prioritario di implementare le misure di Quota 100, secondo Tridico stesso una rigida opzione dalla sperimentazione triennale che ha permesso di accedere alla pensione a 286.000 persone, ma che creerà uno scalone d’età al suo termine. Inoltre, consentirebbe a INPS di salvaguardare i suoi conti utilizzando i 9 miliardi di euro precedentemente destinati alla continuazione di Quota 100.
Altro obiettivo è poi quello di riempire il vuoto lasciato dal Recovery Plan nazionale sul tema pensioni, nonostante quest’ultimo segua un modello europeo con regole standard per garantire il salario minimo. Il tutto potrà essere complementare anche ad altre misure di flessibilità come l’APe sociale (Anticipo Pensionistico agevolato), per mestieri precoci e gravosi, pensando poi a categorie fragili messe in particolare difficoltà dal CoViD-19.
L’opposizione dei sindacati
Sebbene Tridico voglia trovare convergenze per il suo piano pensionistico, da CGIL, CISL e UIL arriva una netta opposizione, asserendo che tale idea potrebbe portare a forti penalizzazioni e assegni ridotti per chi volesse lasciare il lavoro a 62 anni.
‘Non siamo d’accordo con l’introduzione di nessun sistema di penalizzazione nel calcolo dell’importo della pensione. Tanto meno, per questo, ci piace l’ipotesi di spacchettare in due l’assegno come propone il presidente INPS Tridico. Ma apprezziamo che finalmente ci siano più soggetti a immaginare una flessibilità nel pensionamento che parta da 62 anni‘.
Queste le parole del segretario confederale CGIL Roberto Ghiselli, che mostra tuttavia una certa apertura nei confronti della proposta del presidente INPS. Partendo da quest’ultima e dall’idea di proteggere ulteriormente categorie sensibili, i sindacati propongono:
- Quota 41, misura a doppio canale con 41 anni di versamenti indifferentemente dall’età in alternativa alla pensione a 62 anni, per scongiurare il pericolo di scalone quinquennale e perciò nuovi esodati, come già avvenuto con la Riforma Fornero
- Prolungamento Opzione Donna fino al 2024, misura dedicata al lavoro femminile, che prevede 35 anni di versamenti a calcolo interamente contributivo con pensione a 58 anni per dipendenti e 59 per autonome
- Assegno garanzia giovani, sussidio già al vaglio di INPS per giovani dalle esperienze lavorative discontinue, complementare ad assegni pensionistici ridotti
- Espansione APe sociale, manovra già in atto per agevolare categorie a rischio di età inferiore ai 63 anni, con assegni d’indennità corrisposti fino al raggiungimento della pensione d’anzianità ai sensi dell’art. 24 del d.l. 201/2011
Infine, ultima proposta dei sindacati è il rafforzamento dei contratti d’espansione, misura già riconfermata dalla Legge di Bilancio 2021, per dare indennità mensili lorde commisurate al trattamento pensionistico non riconosciuto a lavoratori a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile dalla pensione, o con requisiti minimi contributivi.
Andare in pensione a 62 anni conviene?
Nonostante sia una scelta logistica a favore dei lavoratori, una pensione a 62 anni potrebbe riservare forti penalizzazioni economiche rispetto ad una a 67 che, a parità di versamenti, risulterebbe più elevata grazie alla componente contributiva. Ciò avviene per via dei coefficienti di trasformazione, parametri variabili direttamente proporzionali all’età anagrafica dei lavoratori, aggiornati in base alla speranza di vita dopo la Riforma Fornero.
A conti fatti, se da un lato la proposta di Tridico presenta grande flessibilità e fonte di liquidità anticipata, simile all’APe sociale per le categorie più deboli, dall’altro rischia di ridurre pesantemente gli assegni per almeno 5 anni a tutti coloro che vanno in pensione compiuti 62 anni, con perdite mensili dai 200,00 ai 300,00 euro/mese. Proprio per questo risulta una scelta poco conveniente sul lungo periodo, ma essendo ancora in esame non si escludono modifiche, anche da parte dei sindacati.
LEGGI ANCHE . Abolizione Legge Fornero, è possibile? –
ABOLIZIONE QUOTA 100 ci sarà, oppure no?
La demografia non lascia dubbi: in Italia nascono più di 50.000 bambini in meno ogni anno, che sommati ai quasi 200 mila giovani che emigrano ogni anno e al fatto che l’età media aumenta costantemente: ci sono sempre meno lavoratori in Italia che lavorano e pagano le tasse che servono sopratutto per mandare avanti la macchina pensionistica.
Abbiamo sempre detto che non è giusto lavorare oltre i 60 anni di età, ma non esistono alternative, tra poco tempo l’INPS sarà costretta ad abolire Quota 100 , anche se la cosa non piace alla stragrande maggioranza degli italiani. Non solo ci sarà l’abolizione di Quota 100 , cioè la possibilità di andare in pensione con la somma dell’età anagrafica con quella lavorativa, ma aumenterà anche l’età pensionabile. Questo almeno fino al 2050, quando – secondo i calcoli che si fecero con la cosiddetta legge Fornero – il numero di boomers diminuirà a ci saranno meno anziani in età pensionistica rispetto a quelli di oggi.
Se i politici ancora non hanno fatto questo passo, è solo per una semplice questione di opportunismo politico. Se oggi un politico dice che vuole aumentare l’età pensionabile, nessuno lo voterebbe. Infatti questa riforma non verrà fatta da dei politici, ma da dei tecnici. O dai tecnici dell’INPS , oppure quando l’Italia si troverà così male con il bilancio che per scongiurare un default, vedrà al suo Governo la Troika mandata dai consorzi di banche mondiali come FMI e BCE
L’origine del”chaos” pensioni
La riforma Fornero, o meglio Monti/Fornero ha cancellato in un solo colpo le precedenti pensioni di anzianità, con annesse quote (somma di età all’anagrafe e contribuzione) a favore di un sistema che introduce la pensione di vecchiaia.
La pensione di vecchiaia è una prestazione economica che spetta (ai lavoratori dipendenti ed autonomi) in base a determinati requisiti, quali il raggiungimento dell’età prevista per legge, e l’avere l’anzianità contributiva/assicurativa richiesta. Il lavoratore deve aver, inoltre, cessato il rapporto lavorativo alla data di decorrenza della pensione.
Legge Fornero
La riforma Fornero è una riforma, sostanzialmente, rigida. La legge 214 del 2011 ha portato ad “un giro di vite” sull’età di accesso alla pensione, ha aumentato di sette mesi (per tutti) l’aspettativa di vita, ed ha introdotto una revisione (periodica) dei coefficienti relativi al montante contributivo.
Come noto, la riforma Fornero è stata oggetto di aspre contestazioni, con richieste di cambiamento dell’accesso al trattamento pensionistico.
Fino al 2018, per la pensione di vecchiaia occorrono avere i requisiti di età anagrafica, ed almeno venti anni di contribuzione effettiva. Tali requisiti cambiano qualora il richiedente abbia, o meno, contributi versati al 31/12/1995 (data che segna il cambio di regime delle pensione da retributivo/misto a contributivo).
Il lavoratore che ha iniziato a versare contributi a partire dal 1 Gennaio 1996, per avere diritto alla pensione di vecchiaia, oltre al dover avere 20 anni di contributi, ed al raggiungere una “certa” età anagrafica, deve soddisfare un ulteriore requisito. Nel caso di specie, si parla di avere un importo della pensione superiore di 1,5 volte all’importo dell’assegno sociale. Qualora ciò non si verifichi, un lavoratore può conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia al compimento dei 70 anni, ed almeno 5 anni di contribuzione (obbligatoria, volontaria, ma non figurativa). Il limite dei 70 anni è soggetto ad ulteriore adeguamento alle aspettative di vita.
Per la pensione anticipata (la cosiddetta pensione di anzianità), la riforma già dal 2012 aveva stabilito che si dovesse tenere conto solo del requisito più elevato di contribuzione senza quote, e senza finestre.
La pensione anticipata si caratterizza per il consentire l’accesso al trattamento pensionistico prima dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, in quanto calcolata sul solo requisito contributivo.
Per tutti coloro che risultassero in possesso di una contribuzione post 1 Gennaio 2016, l’adeguamento alle aspettative di vita si calcolava sul requisito anagrafico: già dal 2016 si parla di 63 anni e 7 mesi, e l’accesso alla pensione anticipata con almeno 20 anni effettivi di contribuzione.
Novità pensioni opzione donna
Ancora variazioni sull’età pensionabile
L’opzione donna rappresenta una possibilità riconosciuta alle lavoratrici, ex legge n.243 del 2004 (introduzione sperimentale), di poter ottenere il trattamento pensionistico in via anticipata.
La legge 243/2004, sopra citata, è stata poi anche emendata dalla legge di Bilancio del 2017 (legge n. 232/2016) con “allargamento della possibilità di accesso” alle lavoratrici che, alla data del 31/12/2015, non abbiano maturato i requisiti post incremento dell’età pensionabile (aumento delle speranze di vita). In base a tale assunto, una donna che abbia compiuto 57 anni (dipendente), o 58 (autonoma), e con almeno 35 anni di contribuzione può accedere all’opzione donna.
L’incognita riguarda la determinazione effettiva dell’età pensionabile in base alle aspettative di vita, tanto che gli incrementi sulle aspettative di vita restano fermi. Chiariamo. L’avere diritto al trattamento pensionistico decorre dai 57 anni e 7 mesi (dipendente), e 58 anni e 7 mesi (autonoma): vi sono stati 3 mesi di aumento nel 2013, e 4 aggiuntivi nel 2016. La corresponsione concreta del trattamento pensionistico avviene dopo 12, o 18 mesi (cosiddette finestre) che i requisiti siano maturati. E per il futuro come varierà l’opzione donna? Il quesito non ha una risposta chiara.
Novità pensioni: modifiche dell’età pensionabile post APE
La legge n. 232/2016 ha introdotto varie forme di pensionamento anticipato, la cosiddetta APE.
Di tale forma di “anticipo” ne esistono varie tipologie. Vediamole velocemente cercando di capire come potrebbero evolvere.
APE volontaria. In tal caso vi è un anticipo pensionistico fino a 3 anni e 7 mesi rispetto ai requisiti della pensione di vecchiaia base, con contestuale accensione di un prestito bancario con rimborso ventennale una volta che pensione ordinaria matura.
Tale innovazione proseguirà fino al 31/12/2018 e avrà come oggetto i lavoratori nati tra l’anno 1951 ed il 1953 dal 2017, e i nati tra il 1952 ed il 1955 dal 2018. L’APE volontaria è accessibile per ogni lavoratore sia del settore pubblico, sia del settore privato.
L’accesso è previsto con almeno 63 anni di età, 20 anni di contribuzione, e con una pensione di vecchiaia presunta (certificazione INPS) non inferiore a 703 Eur/mese.
L’APE social è un anticipo pensionistico ad impatto zero con termine 31/12/2018. Il funzionamento prevede un bonus fiscale che copre il costo del prestito per la fuoriuscita anticipata dal mondo del lavoro. Tale strumento riguarda lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate, dai 63 anni in su, e con almeno 30 anni di contributi versati. Una delle quattro categorie svantaggiate, ad esempio, sono le persone disoccupate a causa di licenziamento, dimissioni per giusta causa, o a seguito di risoluzione consensuale e che hanno terminato di beneficiare degli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi.
Rimane il quesito di cosa potrebbe accadere alla data del 31/12/2018: proroga, o cessazione definitiva?
Novità pensioni: i lavori usuranti vanno in pensione anticipata
Esistono poi lavori usuranti ( sia pubblici che privati) dove il lavoratore ha più facilità d’accesso alla pensione di anzianità (almeno 35 anni di contributi). La citata legge di Bilancio 2017 (n, 232/2016) ha introdotto due novità in merito: abolizione delle “finestre”di accesso al trattamento pensionistico e la sospensione dell’aumento dell’età pensionabile in base alle aspettative di vita per il periodo 2020 – 2025.
Ancora la legge 232/2016 ha introdotto, da Maggio di quest’anno, modifiche volte a migliorare le condizioni di accesso al trattamento pensionistico per i lavoratori precoci. Per chi abbia iniziato a lavorare prima dei 18 anni, o ancora più giovane, ed attualmente disoccupato, invalido, svolga un lavoro usurante o sia beneficiario dei permessi ex legge n. 104/92 ha diritto ad uno “sconto” di 22 mesi se lavoratore, o 10 mesi se lavoratrice, con riduzione a 41 anni (per entrambe) per ottenere la pensione anticipata indipendentemente dall’età anagrafica.
Novità Pensione di vecchiaia
Attualmente la pensione di vecchiaia matura con il raggiungimento di 66 anni e mesi 7 per gli uomini e le donne appartenenti al settore pubblico. Nel settore privato riscontriamo 65 anni e mesi 7 per le donne, e qualora in presenza di lavoro autonomo (donne) 66 anni ed un mese, a fronte, sempre, di 20 anni contributi. Qualora al 31/12/1995 non vi siano contributi versati dal lavoratore, l’importo della pensione non può scendere al di sotto dei 670, Euro, od altrimenti ci vorranno 70 anni e 7 mesi di età, e cinque anni di effettiva contribuzione.
Ancora in tema di APE Donna
L’APE donna, o rosa come definita, rappresenta la possibilità, a venire, per le donne di beneficiarie dell’APE sociale di un’erogazione anticipata del trattamento pensionistico al compimento di 63 anni, e 27 o 33 anni di contributi. Tale differenza è dovuta alla riduzione di un anno di contributi per figlio (massimo tre anni). E’ da verificare la possibilità di migliorare tale riduzione.
L’APE sociale donne, similmente all’APE volontaria è sempre un anticipo al trattamento pensionistico a fronte di un’età minima fissata a 63 anni sino a quando matureranno i requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia (dal 2018 66 anni e mesi 7 sia per gli uomini, sia per le donne). L’APE sociale donna beneficerà di una erogazione statale: non sarà necessario siglare alcun finanziamento.
A tutt’oggi le donne possono fare domanda di pensione di anzianità, beneficiando dell’opzione donna, a fronte di requisiti specifici. Eccone alcuni:
- 35 anni di contribuzione maturata al 31/12/2015;
- 57 anni e mesi 7 (compimento entro il 31/7/2016) se lavoratrici dipendenti (pubblico/privato), e anni 58 e mesi 7 per le lavoratrici autonome; etc.
A fronte dell’uscita anticipata dal lavoro, la donna (lavoratrice) accetta il calcolo della sua pensione col sistema contributivo in toto. Ovviamente, vi sono casi di forte penalizzazione se consideriamo i periodi di pensione pagabili col sistema retributivo.
Altre notizie riforma pensioni
Le pensioni stanno avendo alcune piccole riforme, una di queste è l’Anticipo PEnsionistico o APE di cui abbiamo parlato in modo approfondito in questo sito, una novità che è partita proprio a metà di Maggio, non solo una proposta quindi, ma una reale possibilità di andare in pensione anticipata.
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