Come funziona la maternità INPS obbligatoria? E quella facoltativa? Quanti giorni di congedo mi spettano?
Per quanto può restare a casa una neo mamma, ed un papà? La maternità INPS è un po’ complicata da conoscere, in quanto cerca di coprire molteplici esigenze che ogni madre ha mentre è incinta, sta partorendo o ha partorito da poco.
Ci sono diritti fondamentali conseguiti dai lavoratori dopo anni di battaglie. In materia di lavoro esiste una specifica tutela per le donne in stato interessante. La cosiddetta maternità obbligatoria è un istituto inserito nel Diritto del Lavoro. Le donne incinte prima e poi le madri hanno diritto ad un periodo in cui si possono assentare dal proprio posto di lavoro per un totale di 5 mesi. La futura madre e lavoratrice può così stare vicina al neonato.
Per quanto può restare a casa una neo mamma, ed un papà? La maternità INPS è un po’ complicata da conoscere, in quanto cerca di coprire molteplici esigenze che ogni madre ha mentre è incinta, sta partorendo o ha partorito da poco.
Ci sono diritti fondamentali conseguiti dai lavoratori dopo anni di battaglie. In materia di lavoro esiste una specifica tutela per le donne in stato interessante. La cosiddetta maternità obbligatoria è un istituto inserito nel Diritto del Lavoro. Le donne incinte prima e poi le madri hanno diritto ad un periodo in cui si possono assentare dal proprio posto di lavoro per un totale di 5 mesi. La futura madre e lavoratrice può così stare vicina al neonato.
Maternità INPS: le categorie di lavoratrici
Hanno il diritto all’indennità di maternità tutte le categorie di lavoratrici che sono iscritte all’INPS, con assicurazione anche per la maternità. Sono incluse apprendiste, operaie, impiegate di ogni livello, dirigenti. Il rapporto lavorativo deve essere attivo quando si richiede l’inizio del congedo.
Possono beneficiarne le donne disoccupate, se il congedo parentale è partito entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro o se siano già trascorsi i 60 giorni ma si ha in ogni caso diritto all’assegno di disoccupazione.
Hanno diritto le disoccupate che negli ultimi 2 anni sono state impiegate in mansioni che non sono comprese nell’ambito di quelle coperte dall’indennità di maternità, se il congedo è partito massimo entro 180 giorni dall’ultimo giorno lavorativo. Bisogna che negli ultimi 2 anni siano stati versati almeno 26 contributi settimanali.
L’indennità spetta alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato, a patto che siano iscritte negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giorni l’anno.
Rientrano le addette ai servizi domestici, familiari, di pulizia. Servono i 26 contributi settimanali nell’anno precedente o 52 negli ultimi 2 anni; a chi presta lavoro a domicilio; a chi lavora come pubblica utilità e in attività socialmente utili; a chi ha un lavoro in regime di assicurazione ex IPSEMA.
Quota dello stipendio durante la maternità
Nel corso della maternità obbligatoria si percepisce l’80% della retribuzione. L’importo si calcola sull’ultimo periodo della busta paga, il precedente dell’ultimo periodo di stipendio scaduto. Alcuni contratti collettivi derogano alla norma e consentono alla gestante di raggiungere il 100% della copertura dell’ultimo periodo di paga fino al parto e anche dopo.
Pagamento dell’indennità di maternità
L’indennità di maternità viene anticipata dal datore di lavoro per come stabiliscono le leggi vigenti. In taluni casi è l’INPS ad erogare l’assegno: per le lavoratrici stagionali, del mondo dello spettacolo saltuarie e/o a termine, addette ai servii familiari o domestici (colf e badanti), sospese, disoccupate. L’Istituto previdenziale eroga l’assegno con un bonifico presso un conto postale o un accredito su conto bancario.
Presentare la domanda
L’indennità si riceve dopo avere presentato la domanda sia al datore di lavorosia all’INPS. Bisogna allegare una certificazione medica della gravidanza, che deve indicare le date presunte di parto e il mese di gravidanza in corso. La domanda da inoltrare al datore di lavoro può essere uguale a quella predisposta per l’INPS. La domanda è accolta se la donna si trova al settimo mese di gestazione. L’istituto copre 5 mesi: 2 prima del parto e 3 dopo la nascita.
Post parto
Si può continuare a ricevere l’assegno dopo il parto solo dopo avere informato l’INPS. Si ha diritto a percepire l’indennità per 3 mesi seguenti alla data del parto. Si deve dare pronta comunicazione (entro 30 giorni) all’INPS dell’avvenuta nascita, corredata da apposito certificato.
La Gravidanza a Rischio
La maternità obbligatoria è soggetta a posticipo o anticipo. Si può anticipare se si sta affrontando una gravidanza a rischio, quando durante la gestazione avvengano delle complicazioni, certificate dal ginecologo. Se il luogo di lavoro è insalubre per la gestante, si può chiedere di svolgere mansioni differenti. Altrimenti si può prolungare l’astensione dal lavoro coperta da indennità, che può raggiungere anche per 7 mesi.
La maternità anticipata si ottiene presentando domanda, sia se si tratti di gravidanza a rischio, sia se si tratti di condizioni di lavoro non adatte. La domanda va inoltrata alla Direzione Provinciale del Lavoro. Va allegata la certificazione medica, che deve essere rilasciata dalla ASL oppure da una struttura medica riconosciuta dall’Azienda Sanitaria. Se non perviene risposta entro i primi 7 giorni, la domanda è da considerarsi accettata.
La posticipazione della maternità
Il diritto alla maternità anche posticipata prevede la scelta di lavorare fino all’ultimo mese prima della gravidanza per poi ottenere un mese nella seconda parte della maternità quella post parto. Il totale è di 5 mesi, dato che alla posticipazione non sono legati problemi di salute o insalubrità del luogo di lavoro. E’ una scelta della futura madre che certifica che le condizioni di lavoro sono tali da garantirle la prosecuzione oltre il settimo mese di gravidanza.
Durata della maternità obbligatoria
La maternità obbligatoria dura per 2 mesi prima del parto, ai quali vanno aggiunti i “bonus” stabiliti dalla DPL nel caso in cui ci siano o gravidanza a rischio o un ambiente di lavoro insalubre per la gestante. Dura 3 mesi (a patto che non sia scelto di posticipare la maternità), ai quali vanno sommati dei giorni in deroga per parto prematuro e precoce. I 3 mesi vanno calcolati sempre a decorrere dalla data presunta di parto e non da quella effettiva.
Anche per il post-parto l’ASL o la DPL può concedere delle giornate aggiuntive, nel caso in cui la donna sia destinata a mansioni che non sono incompatibili con il suo stato di salute di puerpera.
I bisogni del bambino non terminano al terzo mese
Il legislatore, a tal proposito, consente alle neo mamme, con l’istituto dell’allattamento INPS, uno strumento per a seguire il neonato. E’ possibile un permesso di 2 ore, su base giornaliera, che è stato pensato per consentire l’allattamento. Può essere richiesto anche dal papà, nel caso in cui la mamma non volesse usufruirne.
La maternità facoltativa
Esiste anche la cosiddetta maternità facoltativa, che maturano solo su richiesta di uno dei 2 genitori. Si tratta del diritto di avere a disposizione, oltre i primi 3 mesi di maternità, 6 mesi in totale (sia di seguito o in periodi non consecutivi) per stare lontani dal lavoro e occuparsi del neonato. Può essere richiesto da entrambi i genitori. In base ai casi non supera i 10 o gli 11 mesi. Al termine della maternità obbligatoria, le mamme (e i padri) possono prolungare il periodo di allontanamento dal lavoro, fino ad un massimo di 6 mesi (di meno se ne usufruisce anche il padre).
Indennità per il congedo parentale facoltativo
L’indennità corrisponde al 30%, un diritto quindi non per tutti. Fare a meno del 70% dello stipendio non è per tutti possibile. La durata della maternità facoltativa può cambiare: 7 mesi se la donna è casalinga e l’unico ad essere titolare di un rapporto di lavoro dipendente è il marito; 10 mesi se si tratta di famiglia mono genitoriale; 3 anni se viene richiesta dopo un grave handicap del bambino, che può essere sostituita anche da 2 ore di permesso giornaliero.
I permessi per malattia
Fino al compimento del terzo anno di età da parte del bambino, i genitori possono non recarsi a lavoro, in modo alternato, attraverso un certificato medico che attesti il cattivo stato di salute del piccolo. Tra i 3 e gli 8 anni, sono concessi solo 5 giorni all’anno per genitore. I permessi non vengono retribuiti ma non possono dare luogo ad azione disciplinare. Approfondimenti
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