Come Funzionano le Pensioni, i Vari Tipi di Pensione, Calcolo

Come funzionano le pensioni? Ecco i vari tipi di pensioni, come richiederle, i calcoli sulla pensione, come andare in pensione, a quanti anni si ha diritto alla previdenza sociale, le pensioni minime, la pensione contributiva, le pensioni di anzianità, quelle di invalidità, le pensioni di reversibilità eccetera.

L’Italia è un Paese molto complesso da inquadrare sul fronte burocratico. Gli analisti internazionali convengono che esistono troppe norme e leggi che messe insieme rendono l’Italia stantia ed immobile.
Da anni si parla di riforme, di semplificazione, di lotta agli sprechi.
Ma si finisce solo per colpire le fasce più deboli anche in materia di tutela sociale.

I più colpiti sono i pensionati, una larga fetta di popolazione italiana. Vi sono i fortunati, i cosiddetti pensionati d’oro e baby e poi quelli che vivono sotto la soglia della povertà. Vi sono infatti diversi tipi di pensioni in Italia: quella sociale, di invalidità, di reversibilità, di anzianità. Andiamo a vedere nel dettaglio.
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Pensioni: come funzionano, i vari tipi di pensione, calcolo

Come funzionano le pensioni: la Pensione minima

La cosiddetta “minima” spetta al pensionato il cui reddito da pensione risulta inferiore ad un livello fissato dalla legge, sulla base del calcolo dei contributi versati. L’importo mensile muta anno dopo anno. Nel 2015 era a 502,39 euro per un totale di 6531,07 euro annui. Una pensione che onestamente non basta neanche a fare la spesa da magiare figuriamoci a pagare un affitto o le bollette.

Come funzionano le pensioni: la Pensione di vecchiaia

Il diritto alla pensionedi vecchiaia spetta ai lavoratori in età pensionabile.Non vi è un minimo di anni di contributi versati. L’età per accedervi è stata man mano elevata e differisce in base al sesso e alla categoria lavorativa. Attualmente in media un lavoratore ha diritto alla pensione a di 66 anni e 3 mesi di età (con 20 anni di contributi) o al versamento di almeno 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi per gli uomini).

Come funzionano le pensioni: la Pensione anticipata

  • Con la riforma del Governo Monti, la pensione di anzianità è stata sostituita con la pensione anticipata. Il lavoratore può pensionarsi in anticipo ma subirà una penalizzazione. L’importo della pensione viene decurtato dell’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti di vecchiaia.
  • Pensione anticipata APE: ( in vigore dal Maggio 2017) è una nuova forma di pensione anticipata che richiede un prestito pensionistico e si può prendere superati i 63 anni di età anagrafica e 30 anni di contributi versati.

L’assegno sociale

Sostituisce la pensione sociale. Si tratta di un trattamento pensionistico a cui hanno diritto i cittadini di 65 anni, residenti in Italia, senza reddito o con reddito inferiore a quello dello stesso assegno sociale.
L’importo varia sulla base del reddito e allo stato civile del richiedente (coniugato o meno). Aumenta ogni anno, nella stessa misura in cui varia il trattamento minimo delle pensioni Inps.

Maggiorazione sociale

E’ un incremento sulla pensione minima. Possono usufruirne i cittadini senza altro reddito o con redditi molto bassi. L’importo base della maggiorazione lo scorso anno era di 25,83 euro mensili per chi ha da 60 a 64 anni e di 82,64 euro per chi ha tra 65 e i 69 anni.
Le maggiorazioni sociali attengono non solo i trattamenti previdenziali ma anche i trattamenti assistenziali come l’assegno sociale e le provvidenze economiche per gli invalidi civili, i ciechi civili e i sordomuti.

Pensione di invalidità civile

Rispetto agli altri tipi di invalidità, quella civile non necessità di alcun versamento contributivo. La pensione di invalidità,  è oggetto di prestazioni solo assistenziali. Il riconoscimento del diritto a tali prestazioni è legata a 3 differenti requisiti: tipo e percentuale di invalidità, età e reddito. Tra le minorazioni civili rientrano anche la cecità e il sordomutismo.

Pensione di reversibilità

La pensione di reversibilità spetta ai familiari superstiti di un pensionato dal momento della morte di quest’ultimo. Va riconosciuta dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuto il decesso a prescindere dalla data in cui viene inoltrata la domanda.
La pensione di reversibilità spetta: al coniuge superstite anche se separato; ai figli se minorenni, inabili, studenti universitari e a carico dei genitori; ai nipoti se era a suo totale carico.
Se sono presenti arretrati pensionistici non fruiti da un pensionato passato a miglior vita, sono i familiari a poter beneficiare del sospeso.

La pensione privilegiata

Prima della Riforma (Legge n. 214 del 2011), la pensione privilegiata veniva riconosciuta al dipendente pubblico divenuto inabile per aver contratto patologie dovute a causa di servizio. Con la Riforma delle Pensioni questo “privilegio” è stato circoscritto agli appartenenti alle Forze Armate, Arma dei Carabinieri, Forze di Polizia (civile e militare), Vigili del Fuoco e soccorso pubblico. Il diritto alla pensione privilegiata spetta quando si contraggono malattie derivanti da contagio per causa di servizio; in presenza di lesioni traumatiche o ferite riportate a causa del servizio e malattie professionali. La prestazione è vitalizia e finisce con la morte del titolare. L’interessato può sempre presentare la domanda di aggravamento, accompagnata dalla relativa documentazione sanitaria, all’Inps.
La pensione privilegiata di reversibilità viene riconosciuta ai superstiti, quando la morte dell’assicurato è la conseguenza di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio. La pensione viene liquidata d’ufficio alla vedova e agli orfani in caso di infortunio sul lavoro.

La Gestione Separata Inps

Tutti i lavoratori con contratti di collaborazione a progetto; i lavoratori autonomi che esercitano la professione in modo abituale anche se non esclusiva; gli incaricati delle vendite a domicilio; gli spedizionieri doganali; i titolari di borse di studio per la frequenza ai dottorati di ricerca, rientrano nella “Gestione Separata” istituita con la Legge n. 335 del 1995. Si tratta di un fondo pensionistico obbligatorio, gestito dall’Inps, in cui vengono convogliati i contributi dei lavoratori sopra elencati. Il contributo da versare al fondo è stabilito in misura percentuale sul reddito determinato ai fini Irpef.
Per i liberi professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie l’aliquota da versare è del 27,72%, comprensiva dello 0,72% per finanziare il fondo per la maternità, gli assegni familiari e la malattia.
Per i collaboratori a progetto e assimilati l’aliquota è del 27,72%, ma per due terzi a carico dell’azienda e per un terzo a spese del lavoratore; lo 0,72% va ai fondi maternità, familiari e malattia.
Per i collaboratori e i professionisti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, i titolari di pensione diretta, il contributo da versare è del 22%.
Per i collaboratori, il versamento va effettuato dall’impresa entro il 16 del mese successivo a quello in cui vengono pagati i compensi, tramite il modello F24. Se il lavoratore ha rapporti di collaborazione con 2 o più aziende, ogni società committente deve iscrivere il lavoratore alla Gestione Separata e versare due terzi del contributo Inps sul compenso lordo.
I professionisti versano i contributi attraverso gli acconti e i saldi, negli stessi termini previsti per i versamenti Irpef ed il contributo è interamente a loro carico.
Coloro che appartengono alla gestione separata possono accedere alla pensione di vecchiaia, alla pensione di inabilità, all’assegno di invalidità, alla pensione ai superstiti, alla pensione supplementare e al supplemento di pensione.
I lavoratori parasubordinati che, prima dell’iscrizione alla gestione separata, hanno contributi versati nell’assicurazione generale obbligatoria o in un altro fondo o gestione Inps, possono chiedere che tali contributi vengano calcolati nella loro gestione per calcolare la pensione di vecchiaia con il sistema contributivo, a patto che abbiano un’anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni ed abbiano almeno 5 anni accreditati dopo il 1995.
I lavoratori della gestione separata devono avere almeno 5 anni di contributi versati, oltre che l’età minima richiesta per questo tipo di pensione. Nel complesso sono valide le regole già previste per gli altri lavoratori.

La pensione supplementare

E’ attribuita, su richiesta, a chi ha su una pensione principale e ulteriori contributi, quando questi non siano sufficienti per il diritto ad una pensione autonoma e non siano stati ricongiunti presso un altro fondo. La pensione supplementare prescinde dalla consistenza dei contributi. Non è richiesto alcun requisito minimo. Il diritto alla pensione supplementare si consegue non prima del raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia.
La richiesta può essere avanzata anche dai superstiti con titolo alla pensione di reversibilità. La pensione supplementare possono richiederla anche gli iscritti alla gestione separata, nel caso in cui non raggiungano i requisiti per il diritto ad una pensione autonoma o se l’ammontare della prestazione risulti inferiore all’importo dell’assegno sociale maggiorato del 20%.

Come funziona la pensione agli extracomunitari

I lavoratori extracomunitari che hanno un lavoro regolare in Italia come dipendenti, autonomi, parasubordinati, liberi professionisti e imprenditori, possono ottenere, con il versamento dei contributi previdenziali, le stesse prestazioni pensionistiche previste per i lavoratori italiani.
Se si desidera rientrare nel proprio Paese di origine si può richiedere il riconoscimento dei contributi già versati in Italia. Ciò è previsto nel caso in cui esista una convenzione internazionale tra l’Italia ed il proprio Paese di origine. Le convenzioni consentono ad ogni paese di liquidare la pensione in base alla propria legislazione nazionale. A tal fine il diritto alla pensione si valuta considerando i contributi versati presso tutti gli Stati, purché non sovrapposti.
I lavoratori extracomunitari che rientrano nei Paesi di origine, cessando l’attività lavorativa in Italia, non possono più chiedere la liquidazione dei contributi versati.
In caso di rimpatrio il lavoratore conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociali maturati e può goderne a partire dal 65° anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto per il pensionamento. La regola è operativa anche in mancanza di un accordo di reciprocità col Paese di provenienza.

La pensione di guerra

Lo Stato eroga la pensione di guerra come atto di risarcimento alle persone (militari e civili) che hanno subito menomazioni all’integrità psico-fisica per causa di guerra (trattamento diretto); ai familiari (vedova, orfani, genitori) di persone decedute per causa di guerra (trattamento indiretto); ai familiari di persone morte per causa di guerra che, quand’erano in vita, ricevevano una pensione di guerra (trattamento di reversibilità).
Tra le cause di guerra, è compreso lo scoppio di un ordigno di provenienza bellica. L’importo del trattamento varia a seconda del grado della menomazione. Il trattamento diretto può essere: una pensione a vita, se la menomazione non è suscettibile con il tempo di miglioramento; un assegno temporaneo, se la menomazione può migliorare; un’indennità una tantum, se l’infermità è di grado lieve.

Il supplemento di pensione

La persona in pensione che riprende a svolgere attività lavorativa, o che continui a lavorare dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, ha diritto a percepire un supplemento in relazione ai contributi versati o accreditati per i periodi di lavoro svolti successivamente al pensionamento. Il supplemento viene liquidato a domanda della persona interessata, insieme all’importo della pensione diretta.

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